Nasce negli anni 70 in Messico per pura casualità quando Enrique Corcuera voleva creare uno spazio nella sua dimora dove costruire un campo da tennis, ma trattandosi di uno spazio limitato per un tradizionale campo da tennis, decise di sfruttare una piccola area delimitata da alcune murature e con della reti metalliche …
In una scarpa, l’ammortizzazione è la capacità di assorbire la forza di un impatto. Nel caso della corsa, questa necessità si manifesta quando il piede viene a contatto con il suolo, in particolare, nei primi 50 millisecondi dei circa 250 millisecondi della fase di sostegno della falcata. Quindi, l’ammortizzazione di una scarpa contribuisce a rendere la fase di contatto la più graduale possibile al fine di ridurre al minimo l’inevitabile impatto col terreno.
Come funziona l’ammortizzazione
Dal momento in cui i piedi entrano in contatto con il suolo, lo shock creato dalla decelerazione del corpo produce una vibrazione che riverbera per tutto il corpo, dalla zona di impatto attraverso i muscoli e le ossa fino alla testa. Il corpo è progettato per diminuire naturalmente questo disagio al fine di agevolare funzioni fondamentali come la vista. Si adatta per contenere al minimo il livello di vibrazione in uscita (la testa) indipendentemente dalla forza generata in ingresso (la zona di impatto).
Ha il proprio sistema di ammortizzazione che riduce questa vibrazione utilizzando, per esempio, la contrazione dei muscoli o i cambiamenti della postura.
In una scarpa sportiva, il ruolo dell’ammortizzazione è alleviare la tensione sul corpo limitando la forza generata dal suo impatto con il suolo. Inoltre, l’ammortizzazione delle scarpe da running ridurrà il livello di adattamento necessario per ottenere il massimo comfort utilizzando la minor quantità di energia possibile.
Fattori che influenzano l’ammortizzazione di una scarpa
Il tipo di ammortizzazione richiesto da una scarpa dipende da diversi criteri legati all’intensità degli impatti, che variano a seconda del tipo di corsa che pratichi.
La superficie nel punto di impatto
Le forze che agiscono sul tuo corpo saranno diverse se salti su un materasso o sul cemento. La deformazione della superficie determina la forza dell’impatto. Quindi l’ammortizzazione specifica di cui hai bisogno differirà a seconda del tipo di superficie su cui corri: sabbia, neve, strade sterrate o asfaltate.
Falcata
Ogni runner ha la sua falcata! Se il 90% dei runner appoggia per primo il tallone sul terreno (appoggio del tallone), altri entrano in contatto con il suolo appoggiando prima l’avampiede (appoggio dell’avampiede). Il tuo stile di corsa determina la quantità di energia utilizzata durante la fase di impatto e l’effetto di questo impatto sul tuo corpo. Inoltre, occorre considerare anche le variazioni nella falcata. Una falcata ripetitiva, come nella corsa su strada, richiederà sempre lo stesso sostegno. Invece, se corri su un terreno molto tecnico e vario, il tuo corpo dovrà essere più reattivo ai cambiamenti del suolo e più flessibile per gestire diversi impatti.
In determinati sport sono abituali i problemi derivati dall’assorbimento ripetuto delle onde di shock del piede sul suolo o delle vibrazioni dall’impugnatura di un attrezzo.
NOENE ® è una soluzione semplice, efficace e duratura per sportivi professionisti e amatori, oltre per chi pratica attività orientate al benessere, in modo occasionale.
I prodotti della linea SPORT NOENE ® sono indicati per attività quali: running, atletica, trail running, calcio, tennis, padel, ecc. e le specialità di sport estremi o di resistenza come Ironman, triathlon, ultra trail, ecc.
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IL negozio sarà chiuso per ferie dal 26/10 al 2/11 .
Si è tenuto il 18 ottobre il webinar “Costi e ritardi delle materie prime: quali sono le prospettive della sportindustry?” organizzato dal gruppo che rappresenta l’eccellenza della filiera italiana del tessile sportivo: Assosportex di Assosport.
A intervenire sono stati relatori coinvolti quotidianamente nelle dinamiche dei trasporti e dell’approvvigionamento, in grado di fornire una panoramica completa sull’argomento.
Ciro Rapacciuolo (CSC Confindustria) ha aperto con una visione ottimista sul mercato italiano: grazie alle vaccinazioni e alla riduzione delle misure di contenimento, la ripartenza è stata forte, gli scambi sono in forte aumento e il PIL è cresciuto. Con la crescita del mercato sportivo, è aumentata anche la domanda di materie prime che hanno subito forti rincari. Il relatore ha mostrato questa realtà analizzandone la correlazione con il prezzo del petrolio, con la speculazione finanziaria e con l’effettiva scarsità di materia per taluni mercati (come il rame). Ha poi posto all’attenzione di tutti una domanda: i prezzi sono aumentati perchè l’offerta non riusciva in alcun modo a soddisfare la domanda (+30% rispetto al periodo pre-Covid) o stiamo parlando anche di speculazione finanziaria? Non si può generalizzare ma sicuramente esistono due gruppi di materie prime, quelle che aumentano solo per speculazione come il petrolio e quelle che scarseggiano davvero e che preoccupano di più. Stiamo parlando per esempio dei metalli che vengono ampiamente impiegati nella sportindustry. Da qui sono state presentate le previsioni di temporaneità o permanenza dei rialzi che si prevede non cessare almeno per tutto il 2022.
Cecilia Gilodi (CSC Confindustria Moda) ha invece presentato la fotografia delle materie prime tessili. Secondo un’indagine di Confindustria sulle aziende italiane (aprile/maggio 2021), solo il 22% (20% per il totale TMA) del campione, la pandemia non ha influito sui costi delle materie prime utilizzate. Per una larga maggioranza, invece, ovvero per il 72% (76% per il TMA nel suo complesso) delle aziende, le materie prime stanno sperimentando degli aumenti, di portata lieve (34%) e forte (38%). Da ultimo, il restante 6% (4% per il complesso del TMA ) indica un calo. Per gli intervistati le materie prime che hanno subito un maggior rincaro sono, in ambito abbigliamento, cotone/Lino, fibre man-made e prodotti chimici. Sulla scia della precedente Indagine, con riferimento al secondo trimestre 2021, il 64% del campione segnala che i costi delle materie prime utilizzate sono «ulteriormente aumentati rispetto ai mesi precedenti». Il 29% indica che i prezzi «sono rimasti sui livelli molto elevati dei mesi precedenti». Solo per l’1% sono, invece, diminuiti. A crescere sono il cotone (fino a +120%), la lana e le fibre sintetiche (poliestere +49%, nylon +27%, acrilico +71%) e quelle artificiali (viscosa +17%) rispetto a settembre 2020. In settembre 2021 anche le fibre artificiali (viscosa) registrano una crescita tendenziale del +17,3% in euro. A confronto con il dato di gennaio 2021, invece, la variazione è pari al +3,0%.
Passando al tema trasporti, Silvia Moretto (DB Group SpA – Fedespedi, Confetra) ha analizzato quelle che sono le sfide del sistema Paese nello scenario mondiale, che vede il trasporto merci via mare realizzato per la quasi totalità da multinazionali straniere. Alla ripartenza dell’economia e delle produzioni, questa concentrazione dei carrier marittimi ha portato all’impennata del prezzo dei noli su tutte le rotte (fino a +600%) con una riduzione del 12.5% della capacità mondiale dovuta ai ritardi e alle congestioni. In questo contesto, l’affidabilità dei carrier è scesa al 33,6%, nuovo minimo storico, mentre l’EBIT Margin dei principali vettori marittimi continua a raggiungere livelli record. Tra le possibili soluzioni alla problematica trasporti, la relatrice propone di puntare sull’evoluzione logistica con digitalizzazione e nuove infrastrutture lungo tutte le tratte di percorrenza delle merci. Consiglia di pianificare in anticipo e stabilire un buon ritmo di approvvigionamento, bisogna saper programmare il fabbisogno anche supportati dallo spedizioniere che potrebbe proporre modalità logistiche migliori e magari alternative al mare.
Hanno chiuso il webinar Davide Bianchi (Eurolast) ed il presidente del Gruppo Assosportex Andrea Brambilla (Mab) che hanno confermato la grande preoccupazione delle imprese, specie per i costi e ritardi dei trasporti, che ci si attende possa rappresentare il problema cruciale per il 2022.
“I prezzi non possono aumentare all’infinito” ha dichiarato Brambilla. “I consumatori sostituiscono i propri prodotti per la pratica sportiva dopo 3-4 anni, molto prima della loro usura. Ma se l’aumento inciderà troppo sul prezzo finale rischia di diventare insostenibile anche in relazione a quelli che sono i salari medi del nostro paese. Il costo della vita è già aumentato del 15%, il reddito è invece stabile”.
La soluzione può essere quella di fare delle scorte? “È talmente scarsa la disponibilità che non riesco a pensare a questa soluzione. Preferisco suggerire la programmazione del piano di trasporti oggi tutt’altro che scontati, a differenza di qualche anno fa. Bisogna agire in anticipo soprattutto per le aziende che si approvvigionano da certi mercati” così conclude il presidente del Gruppo Assosportex.
Come quella che emerge da due interessanti sondaggi sui centri sportivi,
per la maggior parte palestre, realizzati da Assosport (Associazione Nazionale Produttori Articoli Sportivi) e Anif (Associazione Nazionale Impianti Sport & Fitness) su una platea di quasi 1.000 strutture. Le risposte parlano chiaro: il
75% degli interpellati rileva che solo la metà dei clienti (o anche meno) è tornata a
frequentare la struttura dopo le riaperture di maggio.
Un dato eclatante che non può essere spiegato, solo con il timore da parte di una
fascia di pubblico, nel tornare ad allenarsi in luoghi chiusi. Una delle motivazioni è
certamente da ricercarsi nella scoperta (o riscoperta) delle attività all’aria aperta,
siano esse urbane o meno. Del resto, anche l’estate che sta volgendo al termine,
al pari di quella 2020, ha visto confermarsi il trend di crescita nella frequentazione
delle località di montagna. Proprio di questo parliamo nella nuova puntata della
rubrica “Punto IOG”, che anticipa anche alcuni dati emersi dall’indagine “Riconnessi”, realizzata dall’Italian Outdoor Group su un panel significativo di rifugisti, guide alpine, guide escursionistiche, gestori di strutture e associazioni turistiche. Tra gli
obiettivi anche quello di tracciare un profilo dei potenziali clienti, capire i contorni e
le reali prospettive del fenomeno.
Parallela alla crescita dei camminatori, continua quella legata al trail running e alle
vendite di prodotti dedicati. Siano essi utilizzati per correre realmente sui sentieri o più
semplicemente per camminarci (con soluzioni intermedie come le calzature da fast
hiking). Anche la connessione tra il settore del running classico e quello della corsa
off road è sempre più forte e continua. Quasi tutti i marchi storici della corsa hanno
ormai integrato nelle proprie collezioni modelli specifici per il trail. Aumentando in
molti casi gli investimenti e ampliando la gamma. Al pari delle aziende che proprio
dalla montagna sono nate e progressivamente hanno declinato l’offerta nel segmento corsa.
Un perfetto spaccato di tale dialogo sempre più serrato e intenso, sia da parte
delle aziende che dei negozi specializzati, avrà la sua ideale cassa di risonanza
durante gli attesissimi Outdoor & Running Business Days 2021. La settima edizione
dell’evento di Riva del Garda (Tn), organizzata proprio dal nostro gruppo editoriale,
sarà andata probabilmente già in scena quando leggerete l’editoriale del numero
di Outdoor Magazine, in uscita in occasione dell’evento (12-13 settembre).
Giovedì 30 settembre le restrizioni anti Covid in
Vietnam sono state allentate e il Paese ha così
cominciato a tornare (in parte) alla normalità.
Sembra che l’ondata del virus, in particolare la variante
Delta, abbia colpito la parte meridionale dello Stato,
compresa Ho Chi Minh City e la provincia di Binh
Duong. Nei giorni scorsi migliaia di persone hanno
lasciato la città – che conta 13 milioni di abitanti ed è
sede del principale porto commerciale del Vietnam – per
paura di essere nuovamente bloccate in caso di altra
ondata. Secondo i media statali quasi 90.000 persone,
per lo più lavoratori migranti, si sono riversate nelle
campagne per tornare a coltivare i campi e allevare
bestiame. L’esodo di massa ha subito innescato timori
di carenza di manodopera e ulteriori interruzioni della
produzione.
“Stiamo affrontando un’enorme carenza di manodopera.
Abbiamo solo il 60% della forza lavoro necessaria per i nostri
progetti e al momento è difficile reclutare altri lavoratori”, ha
affermato un subappaltatore di Coteccons Construction (CTD.
HM) che è voluto rimanere anonimo. “Per favore non andate
via, rimanete a lavorare” è invece il disperato appello del
vice presidente del Comitato popolare della città, Le Hoa
Binh.
Anche Le Coq Sportif scende in campo nella sfida lanciata dal nuovo mondo del padel per fornire supporto tecnico agli appassionati. A iniziare da una sponsorizzazione importante: il brand francese infatti si lega al club City Padel Milano diventato punto di riferimento dello sport con il trend di crescita più rapido al mondo.
Per farlo, organizza un evento che coinvolgi i suoi testimonial sportivi. Fra gli ospiti sono presenti alcuni grandi atleti italiani: Martina Corelli, Giulia Ghiretti, Federica Isola, Irma Testa, Marco Di Costanzo, Marco Aurelio Fontana e Manuel Lombardo, per l’occasione trasformati in padelisti.
Il club milanese, nato nel 2018 da un’intuizione di Demetrio Albertini, Lorenzo Alfieri e Pierluigi Casiraghi, che è attualmente il presidente del centro sportivo situato in CityLife, è la cornice perfetta per presentare questo sodalizio importante, che porta il marchio a impegnarsi in un nuovo sport dove racchette e palline sono protagonisti.
Le Coq Sportif ha una storia importante nel mondo del tennis, una heritage che ha spinto il marchio del galletto ad accentuare la propria presenza in questo sport, con una crescente attenzione all’aspetto performance.
L’allargamento dal tennis al padel è stato naturale, anche perché parliamo di uno sport che sta crescendo a livello esponenziale come numero di praticanti: in Italia, in poco più di quattro anni, si è passati da 50 a oltre 2.100 campi dedicati.
Il trail running era già da qualche anno una disciplina in crescita, ma per questa stagione è pronto ad affermarsi come trend principale. Dal neofita all’esperto, con richieste diverse ma con la stessa voglia di vivere la propria passione in natura. Come per lo scialpinismo, diventato lo sport rivelazione dell’inverno appena passato, complice il distanziamento sociale e la chiusura degli impianti, la pandemia ha spinto molti runner di strada o neofiti a intraprendere i sentieri e a correre nella natura. A confermarlo sono i brand che abbiamo interpellato nella nostra inchiesta, che verrà pubblicata sul prossimo numero di Outdoor Magazine e di cui vi forniamo un estratto in questo articolo.
A intervenire in questa prima puntata sono stati i brand top player del mondo del running, trail e strada: Crazy, Saucony, La Sportiva, Mizuno, Brooks, Dynafit, SCARPA e Scott.
Rispetto a come è partito il 2021 tutte le aziende sono positive: “Il 2021 direi che, nonostante tutto, è partito bene sia dal punto di vista di consegne, sia per quanto riguarda il sell out che procede in positivo. La parte di campagna vendite per l’autunno inverno prossimo ha dato segnali importanti per la categoria running, trail e abbigliamento” queste le parole di Andrea Leo di Mizuno. Già in questi primi mesi dell’anno, si registra una crescita e per i brand specializzati nel road running inizia a mostrarsi un piccolo cambio di rotta verso il trail. “Per noi il segmento road resta inarrivabile in termini di volumi, assortimento e peso specifico nei fatturati. A questo però abbiamo aggiunto la grande opportunità del trail, che offre ampi margini di crescita. Non a caso da fine 2019 è in atto un percorso di R&D guidato direttamente dai nostri HQ a Seattle e sviluppato in collaborazioni con le diverse sedi continentali, dedicato a questo segmento”, dichiara Marco Alfieri di Brooks Running.
Rispetto ai canali distributivi è interessante scoprire che oltre all’online, diventato una forte tendenza nell’ultimo anno come dichiara Morgan Guizzo di Saucony (“Era prevedibile, perché fisiologico, che il nostro e-commerce crescesse in maniera significativa”), anche lo spazio riservato al trail cresce nei negozi fisici. “Sono cresciuti i negozi di outdoor specializzati che hanno ampliato lo spazio trail, ma l’interesse maggiore è giunto dai negozi running, finora concentrati sulla strada e sulla pista, che iniziano a vedere in questa disciplina un potenziale”, afferma infatti Luca Salini di Crazy. Ed è Alfieri a confermare che “la distribuzione dei prodotti trail è cresciuta in maniera uniforme nei differenti canali di vendita di nostra competenza. In particolare quello dei negozi running specializzati, che stanno traendo maggiore vantaggio dal movimento trail. La ricerca di un servizio made to measure, con assistenza e consulenza profonda, e il desiderio di trovarsi di fronte a un assortimento variegato portano il cliente finale a individuare nello specializzato il canale più importante per approcciarsi a questa linea di prodotti”.
Sul profilo del consumatore sono tutti concordi: dal runner di strada che, complice il distanziamento e l’assenza di gare, si mette in gioco nel trail, il trail runner esperto, ma soprattutto i camminatori che prediligono scarpe da trail anche per l’escursionismo, nonché le donne in forte crescita. “Credo che ci siano parecchi neofiti della corsa, ma ancor di più i camminatori di montagna orientati a un prodotto leggero, comodo e versatile come la scarpa da trail running. Nello specifico la percezione è che ci sia stata una crescita delle donne e dei giovani fra i 20 e 30 anni”, queste le parole di Marco De Gasperi di SCARPA
Trail
Le gare di Trail Running con un percorso di lunghezza inferiore ai 42 km sono definite trail e sono caratterizzate in genere da dislivelli che si aggirano sui 3000 metri (positivi e negativi).
Ultra trail
Le gare di Trail Running il cui percorso superi i 42 km e/o i 4000 metri di dislivello positivo/negativo, sono genericamente definite Ultra o Ultra-Trail e, secondo ITRA, sono così suddivise:
- tra i 42 ed i 69 km, trail ultra medium (M);
- tra i 70 ed i 99 km, trail ultra long (L);
- oltre i 100 km, trail ultra xlong (XL).[1]
I CONTRO. Correre comporta senz’altro un maggiore rischio di infortuni: più della metà di chi fa jogging incorre, prima o poi, in una lesione, in problemi al tendine d’Achille o in dolori legati allo stress fisico come fascite tibiale o plantare (l’infiammazione dei muscoli all’interno della gamba o della pianta del piede).
Le probabilità di farsi male durante lo sport sono maggiori del 25% in un giovane runner maschio rispetto a chi cammina. Solo l’1% dei camminatori si infortuna. Il motivo è da cercare nell’impatto con il suolo: la forza di reazione del terreno durante la corsa è pari a 2,5 volte il peso corporeo, nella camminata, è di 1,2 volte.
I PRO. Altrettanto evidenti sono i benefici della corsa costante: chi fa jogging abitualmente, a parità di condizioni ed esclusi altri fattori, vive più a lungo di chi non lo fa (in media 3,8 anni in più per gli uomini e 4,7 per le donne), perché si riducono i rischi di malattie cardiovascolari. Anche camminare, tuttavia, comporta grandi benefici per la salute, e data la quasi assenza di rischi, più lo si fa, meglio è. Come scegliere, di nuovo?
IL GIUSTO EQUILIBRIO. La chiave è, come spesso accade, nella moderazione. Sempre più ricerche dimostrano che l’allenamento a una corsa strenua e faticosa – come per il triathlon – può portare a problemi cardiaci. Tra il running e la mortalità c’è una curva di relazione a U: troppo poco non fa molto, e troppo fa male. L’ideale è una corsa a ritmo moderato per due-tre volte alla settimana. Correre tutti i giorni a ritmo sostenuto, per un totale di più di quattro ore a settimana, sembra non fare altrettanto bene !