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L’agility dog è uno sport che si può svolgere a livello amatoriale o professionistico e che consente al cane, sotto la guida del padrone, di affermare e perfezionare le proprie abilità prestazionali. Si tratta di un’opportunità, in altre parole, per praticare degli esercizi atletici insieme al proprio peloso. Lo scopo dell’agility dog non è, infatti, “far lavorare” il proprio cane, ma farlo divertire in compagnia del padrone.

Prima di addentrarci nel dettaglio alla scoperta dell’Agility Dog diamo alcuni accenni su come sia nata questa disciplina cinofila. L’Agility Dog è nato nel Regno Unito verso la fine degli anni ‘70. La prima manifestazione documentata di Agility risale nel 1978 in occasione della Expo Crufts. In quell’occasione questa disciplina venne proposta come occasione di intrattenimento unito a degli esercizi di obbedienza canina. L’Agility si diffuse ben presto nel giro di pochi anni in tutto il mondo. Nel 1979 viene effettuata la prima competizione a livello agonistico inoltre proprio negli anni a cavallo tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni 80 diversi centri cinofili del Regno Unito e non solo iniziano a proporre questa disciplina agli appassionati.

Sebbene all’inizio fosse qualcosa di sperimentale, fatto semplicemente per puro intrattenimento, in quanto i cani “non sapevano” cosa dovevano fare nello specifico, da allora l’agility dog ebbe comunque un successo planetario. A partire dalla Gran Bretagna, si diffuse dapprima in altri Paesi anglosassoni, come l’Australia, per poi diffondersi in Francia, in Europa, negli Stati Uniti e in tutto il mondo.

In Italia l’Agility Dog fa la sua comparsa nel 1988, tuttavia per vedere la sua presentazione ufficiale dovremo attendere l’anno successivo e precisamente nel 1989 con la prima gara ufficiale a Torino. Già nel 1990 l’ENCI stila la prima bozza di regolamento che nel 1991 viene uniformata a quella di FCI. Da lì in poi la sua diffusione sarà capillare fino a diventare la disciplina che abbiamo imparato a conoscere e ad amare fino ai giorni nostri.

Torniamo a noi. In cosa consiste l’Agility Dog? Cosa rende questa disciplina cinofila unica nel suo genere? Ci sono razze di cani più adatte delle altre? Quali sono i benefici per il tuo amico a quattro zampe? Cerchiamo insieme di rispondere a tutte queste domande.

L’Agility Dog consiste in un percorso dalla lunghezza tra i 100 e i 200 metri circa. Ogni percorso comprende dai 12 a 20 ostacoli. Ultimo ma non meno importante il livello sulla quale si svolge la gara che dovrà essere di un minimo di 30 x 40 metri che non dovranno essere rischiosi né per il cane né per il suo proprietario. Inutile dire che più un percorso è difficile più il livello della gara è elevato.

I brevetti e le categorie

Nell’ Agllity Dog sono previsti quattro livelli da quello più elementare a quello più difficile che vengono qui chiamati brevetti. Nello specifico sono il livello debuttanti, agility 1, agility 2 e agility 3. Per quanto riguarda la categoria invece sono tre distinte in base alle dimensioni del cane e nello specifico all’altezza del garrese vale a dire la parte finale del collo. Vediamoli nel dettaglio:

  • Small (S), per i cani di altezza al garrese inferiore o uguale a 35 cm
  • Medium (M), per i cani di altezza compresa tra i 35 e i 43 cm al garrese
  • Large (L), per tutti gli altri cani vale a dire di altezza al garrese dai 43 cm in poi

Per il cane è possibile gareggiare soltanto una volta raggiunti i 18 mesi. Fondamentale e imprescindibile il possesso del microchip e che siano correttamente vaccinati e che non presentino eventuali ferite o patologie. Per quanto riguarda il vaccino è fondamentale che sia vaccinato contro la rabbia. Infine per quanto riguarda le femmine non devono essere in periodo di gestazione.

Ora un’importante premessa, tutti i cani possono fare Agility, tuttavia ci sono alcune razze che sono più adatte di altre. Nello specifico ci riferiamo a razze canine particolarmente scattanti e instancabili come ad esempio i cani da Pastore, il Border Collie, il Golden Retriever, il Barbone, il Jack Russell Terrier, il Fox Terrier e tanti altri.

Per iniziare agility dog si consiglia sempre di cominciare l’addeestramento quando il cane è ancora un cucciolo, possibilmente intorno al quarto mese di età, attraverso giochi dove è sempre il padrone a comandare e il puppy ad obbedire. Insegnare questo sport ha un cane adulto è possibile, bisogna solo avere più tempo e tenacia, ma i risultati si ottengono lo stesso senza troppi problemi.

premi e il contatto fisico sono elementi fondamentali per la buona riuscita. Parlare al cane è altrettanto importante. All’inizio non comprenderà le parole, ma nel giro di poche lezioni assocerà quel determinato suono a quel determinato comando e senza neanche accorgergene lo vedremo spiccare i primi salti tra gli ostacoli.

I giochi andranno sempre crescendo, partendo da quelli basi fino ad arrivare a quelli sempre più complessi.

L’importante è non trascurare mai quelli acquisiti, ma riproporli volta per volta per farli memorizzare bene.

Addestratori internazionali riescono a far fare tutto il percorso stando addirittura fermi e lanciando i comandi con la sola voce.

Per chi è alle prime armi non deve sicuramente scoraggiarsi, ma dedicare all’inizio anche solo 10 minuti al giorno al proprio animale per insegnarli quei comandi base che poi serviranno durante le gare.

Generalmente i tempi di concentrazione non superano i 15 minuti, quindi lezioni lunghe e faticose portano l’animale a stressarsi e a vedere la lezione come qualcosa di noioso e non più come un gioco

Ecco quindi il segreto per inizare agility dog con il piedi e la zampa giusta: trasmettere al proprio cucciolo divertimento e felicità, imponendosi ma sempre in modo divertente e giocoso, perché lo sport, prima di tutto, deve essere un momento di felicità e svago.

 

 

L’Olympiacos ha ufficialmente chiuso la regular season di Eurolega al primo posto. In panchina siede Georgios Bartzokas, un allenatore eccezionale, che ha una storia incredibile che in pochi conoscono: è figlio dell’uomo la cui fuga dal carcere ispirò il famoso film con Steve McQueen, “The Great Escape” (La Grande Fuga). Per Georgios, allenare la squadra del Pireo è sempre stata una ragione di vita: il porto di Atene era l’unica cosa che suo padre riusciva a scorgere tra le grate della sua cella.
Quando Bartzokas nasce, l’11 giugno 1965, suo padre non è nella sala parto a tenere la mano alla moglie che sta dando alla luce il suo primogenito. Non per sua volontà, o meglio, per non tradire mai le sua volontà: è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza a Corfù. Il suo crimine è quello di essere sè stesso.
La Grecia degli anni 60 è un campo di guerra (fredda), gli Stati Uniti foraggiano l’impetuoso boom economico ellenico con il Piano Marshall ma l’Unione Sovietica, a sua volta, soffia forte sull’insurrezionalismo dei partiti di estrema sinistra. Un bel casino insomma, ma che c’entra tutto questo con la famiglia Bartzokas? Il KKE, il partito comunista greco, ha tra i suoi leader più “oltranzisti” un certo Andreas Bartzokas.
Se Georgios ha ereditato da papà due tratti caratteriali, sono il senso di appartenenza ed il coraggio nel portare avanti le proprie idee. Idee per le quali papà Andrea ha messo in gioco la propria vita e pure la possibilità di conoscere suo figlio, con il quale si è potuto ricongiungere solo nel 1975 (quando Georgios aveva 10 anni…), alla caduta della dittatura di estrema destra “dei Colonnelli”.
Coraggio, dicevamo. Coraggio, sportivamente parlando, è quello di dire basta quando, ancora 27enne, Bartzokas junior, ala non più promettente del Maroussi, decide di svestire i panni del giocatore e di indossare quelli dell’allenatore. E decide di farlo partendo proprio dalla squadra del sobborgo di Atene nel quale è nato e dove ha scoperto la palla a spicchi: Maroussi, appunto.
Dal paesotto a nord di Atene non si vede il mare. Siamo una decina di chilometri oltre il colle del Partenone, nella sconfinata periferia ateniese. Ma Georgios ha lo sguardo volto verso sud, verso il mare d’Attica, verso le navi che spruzzano schiuma bianca sulle banchine del Pireo. Quelle che suo padre sognava di poter raggiungere un giorno, guardando per anni al di là delle grate della sua cella del carcere di Vourla: sognando la libertà, per lui e per il suo Paese.
Nel 1955 la guerra è finita da poco, e per i fragili governi filoamericani, gli estremisti di sinistra stanno meglio nelle patrie galere. Il KKE, da parte sua, non appoggia propositi di fuga dei propri adepti, ma il soffio di libertà che viene dal mare è troppo forte, Andreas inala a pieni polmoni e partorisce la pazza idea: evadere. Evadere dal carcere di Vourla, ribattezzato in quegli anni l’Alcatraz d’Europa.
Mesi e mesi a scavare un lungo tunnel sotterraneo e il 17 giugno il piano si compie: in 27 scappano da Vourla, anche se solo in 11 riescono a completare l’impresa, mentre gli altri vengono riacciuffati dalla polizia, mobilitata con ben 23 mila uomini.
Quanto valgono le proprie idee, la propria identità, la propria libertà? Lo spiega Andreas in pochissime parole: “La prima cosa che abbiamo fatto una volta fuori da Vourla è stata andare in un bar del Pireo e farci una birra ghiacciata tutti insieme”.
Una storia incredibile, che ha fatto la storia di un Paese, e che è stata in parte di ispirazione per gli sceneggiatori del famoso film “The Great Escape” con Steve McQueen.
Quando Georgios arriva al porto di Atene per la prima volta nel 2012, non lo fa certo in manette, ma anzi con tutti gli onori del caso: da allenatore della squadra di basket che adora e che è fresca campionessa d’Europa. È il compimento di un sogno, la chiusura di un cerchio aperto da papà 57 anni prima.
Georgios Bartzokas ha allenato l’Olympiacos dal 2012 al 2014, vincendo un’Eurolega, per poi tornarci nel 2020, centrando la semifinale l’anno scorso e il primo posto in regular season quest’anno, giocando una pallacanestro meravigliosa.
Durante la sua carriera ha parlato spesso di suo padre, di quanto ne sia orgoglioso e di quanto, al tempo stesso, abbia sofferto non potendolo vedere per buona parte della sua vita. Per lui sedere su quella panchina è un concetto che travalica i confini dello sport. E’ una ragione di famiglia, di vita, di libertà.
La libertà di essere ciò per cui si è al mondo è un atto semplice come bere una birra ghiacciata in un bar del Pireo. O sulla panchina della tua squadra del cuore.
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Il 2022 è stato un anno di scompiglio per tutti e in tutti i settori. Il conflitto in Ucraina si è aggiunto ad un contesto già difficile dal punto di vista economico e sociale, dando vita ad urgenze umanitarie ed industriali. Uno scenario macroeconomico in sofferenza che si riflette anche su un settore, quello della cosmetica, che pur essendo stato duramente colpito dalla crisi energetica e delle materie prime è comunque riuscito non solo a rimanere in piedi, ma persino a registrare un andamento stabile. E questo, bisogna riconoscerlo, grazie anche agli aiuti governativi che ci hanno dato sollievo nonostante i margini non resteranno per lo più gli stessi degli anni precedenti in quanto le nostre aziende hanno assorbito una buona parte del processo inflattivo.

Il 2022 è stato, al di là dei margini, un anno insolito: sono cresciuti l’export, e allo stesso tempo il mercato interno. La cosmetica ha rialzato la testa rispetto ai primi tempi della pandemia dove lockdown e mascherine hanno lasciato il segno: è la conferma della nostra solidità e resilienza.

Inflazione nemica numero uno

L’Istat ed i principali osservatori economici ci riportano dati che vedono una stima di crescita del PIL del nostro Paese attorno al 4% per il 2022 e solo del +0,4% per il prossimo anno. Ma se la previsione per il settore della manifattura è quella di chiudere l’anno con una crescita, la nota dolente resta l’inflazione all’12,5% (IPCA), e non possiamo non tenerne conto.

Le aziende sanno che questo fattore gioca un ruolo chiave nel nostro settore, insieme alla conseguente diminuzione del potere d’acquisto, che ha infatti spinto i cittadini a rivedere la loro lista della spesa in base alle esigenze più stringenti. In questo senso abbiamo visto crescere il settore più strettamente legato all’igiene della casa e della persona, dovuto anche al ruolo fondamentale nella vita quotidiana ed ai periodi di emergenza sanitaria che abbiamo vissuto che ne hanno messo in luce l’importanza.

La storia del Cammino di Santiago è molto curiosa…

Il Cammino include una serie di percorsi che si sviluppano principalmente in Spagna e Portogallo e hanno come meta finale la città di Santiago di Compostella, dove si venerano le reliquie dell’apostolo Giacomo il Maggiore.

Giacomo il Maggiore fu uno dei dodici apostoli; nacque probabilmente in Galilea, a Betsaida e morì per mano di Erode Agrippa I a Gerusalemme in un’età compresa tra i 41 e 44 anni.

In alcuni vangeli apocrifi (tra questi la Dormizione di Maria,..), si narra che Maria stessa abbia chiesto a Dio, di essere circondata dagli apostoli nel momento della sua morte. Dio concede che il suo desiderio sia realizzato e le permette di apparire agli apostoli sparsi per il mondo; a Giacomo Maria apparve sopra una colonna a Saragozza (attualmente venerata nella Basilica di Nostra Signora del Pilar) e lo portò a percorrere tutto il viaggio di ritorno fino a Gerusalemme per incontrarla.
Lì trovò la morte come martire.

Nella Bibbia si narra che Giacomo era figlio di Zebedeo e aveva un fratello chiamato Giovanni (costui anche sarebbe stato uno dei 12 apostoli). Secondo la tradizione medievale, dopo la Pentecoste (33 d.C.), quando gli apostoli furono inviati a predicare il Vangelo per il mondo, Santiago attraversò il mar Mediterraneo e sbarcò nella Penisola Iberica.

In passato si affermò che i resti trovati a Santiago, agli inizi del nono secolo, appartenevano all’apostolo Santigo, però per mancanza di un’analisi diretta di questi resti potrebbero essere del vescovo Priscillano o qualche altro personaggio importante dell’epoca romana.

La leggenda vuole che i suoi discepoli abbiano riportato il corpo attraverso il mar Mediterraneo e costeggiando la parte atlantica, fino in Galizia, lo seppellirono nell’Iria Flavia (città della Coruña, in Galizia), dove il vescovo Teodomiro lo trovò nel IX secolo.

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Origine della città di Santiago di Compostela

La traduzione di “Giacomo il Maggiore” deriva dal nome spagnolo di Santiago el Mayor; ecco spiegato da dove si origina la parola Santiago, ma Compostela? Ecco le ipotesi…

Nell’anno 813 d.C. circa, un eremita cristiano, chiamato Paio (Pelayo), disse al vescovo che aveva visto delle luci sopra un monte disabitato. Andarono a vedere e trovarono una tomba, probabilmente di origine romana, con dentro un corpo decapitato con la testa sotto il braccio.

Il re Alfonso II il Casto (789 – 842 d.C.) ordinò di costruire una chiesa sopra il cimitero (compositum), che poi sarebbe diventata l’attuale Cattedrale di Santiago di Compostela (da qui il nome San Giacomo del compositum).

La seconda ipotesi è che derivi da Campos Tellum (terreno di sepoltura).

Altri invece sostengono che la parola Compostela provenga dal latino “campus stellae”, dovuto alle luci che si vedevano sopra il cimitero (una spiegazione potrebbe essere quella del fuoco fatuo).

Dopo la costruzione del tempio iniziale, i monaci benedettini nell’893 d.C. fissarono lì la loro residenza, favorendo i primi pellegrinaggi alla tomba dell’apostolo, inizialmente dalle terre circostanti della Galizia e poi da tutta Europa.

La città di Santiago di Compostela fu distrutta nel 997 d.C. dall’esercito musulmano di Almanzor.
Dopo la sua ricostruzione il vescovo Diego Xelmírez (1070 – 1149 d.C. circa) iniziò la trasformazione della città in luogo di culto e pellegrinaggio, espandendo la costruzione della Cattedrale, iniziata nel1075, ed arricchendola con numerose reliquie.

La scoperta della tomba dell’Apostolo apportò al Re delle Asturie il beneficio di riunire tutte le sue terre in un solo regno, sotto la protezione speciale dell’Apostolo e la cristianizzazione dell’antica via che porta a Finisterre (anticamente attraversata da popoli di origine celtica).

Attualmente “Santiago il Maggiore” è patrono di Spagna e di numerose cittadine, e il 25 di luglio si celebrano feste in suo onore, specialmente nella stessa Santiago.

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La gamma Peregrine di Saucony si amplia con tre modelli ancora più veloci e leggeri per offrire la migliore esperienza di corsa off road

Le tre versioni dell’iconica scarpa da trail running sono studiate per correre off road in qualunque condizione meteo e del terreno: Peregrine 13 per corse rapide e scattanti su sterrati; Peregrine 13 ST per terreni morbidi e fangosi; Peregrine 13 GTX per una protezione impermeabile.

Peregrine 13

È pensata per chi vive il fuori strada in velocità e leggerezza. Dotata di un’intersuola in schiuma PWRRun e soletta PWRRun+, il modello offre massimo comfort e protezione sotto i piedi pur mantenendo la calzatura leggera e perfettamente dinamica. Estrema protezione e massima tenuta sono date dalla suola in PWRTtrac, specifica per il trail running, con tasselli da 5 mm, che offrono una trazione eccezionale, un grip di precisione e una durata maggiore su terreni irregolari. Il rock plate tra suola e intersuola fornisce inoltre una protezione aggiuntiva su qualsiasi tipologia di superficie. L’aggiornamento della tomaia infine garantisce una calzata avvolgente e sicura mentre il mesh traspirante – ma protettivo – si rivela una scelta valida anche per le giornate più calde. Un anello a D sulla tomaia consente la compatibilità con le ghette.

In questo articolo si parla di:

La gamma Peregrine di Saucony si amplia con tre modelli ancora più veloci e leggeri per offrire la migliore esperienza di corsa off road

Le tre versioni dell’iconica scarpa da trail running sono studiate per correre off road in qualunque condizione meteo e del terreno: Peregrine 13 per corse rapide e scattanti su sterrati; Peregrine 13 ST per terreni morbidi e fangosi; Peregrine 13 GTX per una protezione impermeabile.

Peregrine 13

È pensata per chi vive il fuori strada in velocità e leggerezza. Dotata di un’intersuola in schiuma PWRRun e soletta PWRRun+, il modello offre massimo comfort e protezione sotto i piedi pur mantenendo la calzatura leggera e perfettamente dinamica. Estrema protezione e massima tenuta sono date dalla suola in PWRTtrac, specifica per il trail running, con tasselli da 5 mm, che offrono una trazione eccezionale, un grip di precisione e una durata maggiore su terreni irregolari. Il rock plate tra suola e intersuola fornisce inoltre una protezione aggiuntiva su qualsiasi tipologia di superficie. L’aggiornamento della tomaia infine garantisce una calzata avvolgente e sicura mentre il mesh traspirante – ma protettivo – si rivela una scelta valida anche per le giornate più calde. Un anello a D sulla tomaia consente la compatibilità con le ghette.

 

Peregrine 13 ST

ST sta per Soft Terrain: il modello è ideale per affrontare fango e terreni morbidi. Oltre all’intersuola in schiuma PWRRun e la soletta in PWRRun+, questa versione si caratterizza per i tasselli da 6,5 mm: le nuove scanalature profonde e aggressive, affondano senza difficoltà nella terra umida e garantiscono massimo grip ed estrema protezione contro rocce e asperità del terreno. Il profilo rialzato della tomaia e la ghetta incorporata alla caviglia inoltre schermano sapientemente il piede dai detriti.

Il padel è lo sport del momento. Divertente e stimolante, deriva dal tennis e si pratica all’interno di un campo con pareti in plastica trasparente dove la palla può essere fatta rimbalzare. Si gioca in coppia e non è necessario essere super allenati per divertirsi e ottenere buone prestazioni. Per giocare bene è necessario però anche avere l’attrezzatura giusta. In questo articolo ti diamo i nostri consigli su come scegliere la migliore racchetta da padel per te. Quali caratteristiche valutare? E che differenza c’è tra un modello e l’altro? Scopriamolo!

La forma

Le racchette da padel non sono tutte uguali e ci se ne accorge anche solo guardandole. Esistono tre tipologie di forma, ognuna adatta ad un tipo di giocatore diverso, più o meno esperto.

  • Rotonda. Raccomandata per i principianti, ha un bilanciamento spostato verso il basso e quindi garantisce una presa e un controllo dei colpi migliore. Il peso è distribuito verso l’impugnatura e questo determina una maggiore maneggevolezza, senza consumare troppa energia.
  • A goccia. Con il punto di bilanciamento intermedio, assicura il migliore rapporto tra potenza e controllo dei colpi. Ideale per i giocatori intermedi, che hanno già dimestichezza con questo sport.
  • A diamante. Destinata solo ai giocatori esperti, la forma a diamante richiede infatti un grande controllo ma garantisce una grande potenza grazie al bilanciamento spostato verso l’alto. Per un principiante sarebbe difficile controllare i colpi ma, per un giocatore esperto, la potenza dei colpi che si può ottenere è eccezionale.
  • Il peso

    Uno dei parametri per scegliere la migliore racchetta da padel è proprio il peso. Innanzitutto, è bene sapere che non sempre il modello migliore è quello più leggero: per esempio, se la palla è particolarmente umida e quindi più pesante, avere una racchetta leggera richiede uno sforzo maggiore al braccio. Ma la scelta del peso varia soprattutto in base alla corporatura e al livello del giocatore: più sei esperto e più sei robusto, più pesante dovrebbe essere la racchetta. Se invece hai appena iniziato a giocare a padel, opta per un modello più leggero.

    In generale possiamo dire che:

    • Per un uomo, il peso dovrebbe essere compreso tra 360 e 390 grammi.
    • Per una donna, il peso dovrebbe essere compreso tra 350 e 370 grammi.
    • Il materiale

      Infine, è fondamentale anche valutare con attenzione il materiale con cui è realizzata la racchetta da padel. Le tipologie di materiale utilizzato sono principalmente due.

      • Fibra di vetro. Meno rigido, permette alla racchetta di attutire maggiormente il colpo e di essere più versatile e malleabile. Offre infatti un maggiore rimbalzo della palla con meno sforzo e per questo è più adatta ai principianti o a chi gioca a livello amatoriale.
      • Fibra di carbonio. Leggerissima e resistente, offre ottime prestazioni. Più dura e rigida rispetto alla fibra di vetro, offre colpi più secchi e richiede uno sforzo maggiore quindi è adatta ai giocatori esperti: non a caso, tutti i professionisti usano racchette in fibra di carbonio.

Altitudine 1190 m – 2800 m (Dislivello 1610 m)
Impianti sciistici Comprensorio sciistico aperto
Altezza neve 59 cm (a valle) 175 cm (in quota)
Piste 140 km da 143 km aperto
Impianti risalita 38 di 38 aperti

Altitudine 754 m – 1752 m (Dislivello 998 m)
Impianti sciistici Comprensorio sciistico aperto
Altezza neve 50 cm (a valle) 160 cm (in quota)
Piste 21 km da 23,1 km aperto
Impianti risalita 13 di 13 aperti

Altitudine 1121 m – 3000 m (Dislivello 1879 m)
Impianti sciistici Comprensorio sciistico aperto
Altezza neve 50 cm (a valle) 120 cm (in quota)
Piste 98 km da 100 km aperto
Impianti risalita 28 di 28 aperti

Altitudine 1404 m – 2357 m (Dislivello 953 m)
Impianti sciistici Comprensorio sciistico aperto
Altezza neve 40 cm (a valle) 100 cm (in quota)
Piste 52 km da 60 km aperto
Impianti risalita 21 di 21 aperti

Altitudine (770 m  -) 852 m – 2504 m (Dislivello 1652 m)
Impianti sciistici Comprensorio sciistico aperto
Altezza neve 63 cm (a valle) 95 cm (in quota)
Piste 151 km da 155 km aperto
Impianti risalita 57 di 58 aperti

Altitudine 900 m – 1976 m (Dislivello 1076 m)
Impianti sciistici Comprensorio sciistico aperto
Altezza neve 60 cm (a valle) 80 cm (in quota)
Piste 45 km da 50 km aperto
Impianti risalita 14 di 19 aperti

Altitudine 1236 m – 2518 m (Dislivello 1282 m)
Impianti sciistici Comprensorio sciistico aperto
Altezza neve 60 cm (a valle) 75 cm (in quota)
Piste 175 km da 178 km aperto
Impianti risalita 79 di 79 aperti

PERCHÈ UTILIZZARE NOENE®

PRIMA

PROTEGGE

I prodotti NOENE® (solette, tallonette, grip) assorbono e disperdono fino al 96% dell’energia negativa prodotta da shock e vibrazioni, evitando l’effetto negativo sull’apparato muscolo scheletrico.

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Durante un allenamento sportivo, attività quotidiana o un’intensa giornata lavorativa NOENE® riduce la sensazione di affaticamento, stanchezza e stress articolare mantenendo più efficiente la muscolatura e migliorando la resistenza agli sforzi.

DOPO

MIGLIORA IL RECUPERO

NOENE®, aiuta a ridurre i tempi di recupero e di ripristino dello stato di forma ideale per le successive attività

1. ANATOMIA DEL NERVO SCIATICO

Il nervo sciatico, conosciuto anche come “nervo ischiatico”, è il nervo più lungo del corpo umano: parte dal midollo spinale, raggiunge le natiche e la zona delle cosce per poi allungarsi nella gamba.

E’ un nervo misto che ha origine dal plesso sacrale ed è formato dalle fibre provenienti da tutti i nervi del plesso (L4, L5, S1, S2, S3). E’ formato da 2 componenti:

  • – COMPONENTE MOTORIA: innerva la parte posteriore della coscia, una parte del grande adduttore, i muscoli della gamba e i muscoli del piede;
  • – COMPONENTE SENSITIVA: innerva la cute posteriore-laterale della gamba e la cute del piede.

2. LE PATOLOGIE

Il nervo sciatico può essere interessato da patologie, traumi e malformazioni che vanno trattati con dei trattamenti specifici. Le patologie più conosciute sono:

  • – SCIATICA;
  • – COMPRESSIONE DEL NERVO SCIATICO POLITEO ESTERNO;
  • – LOMBOSCIATALGIA;
  • – SINDROME DEL PIRIFORME;
  • – ECT
  • 3. I RIMEDI SHOCK ABSORBING NOENE®

    Parte della sintomatologia dolorosa riferita al nervo sciatico può essere prevenuta o alleviata grazie all’utilizzo delle solette shock absorbing NOENE®. Quando si parla di prevenzione, infatti, i prodotti NOENE® sono una garanzia in quanto assorbono e disperdono le onde di shock che si provocano nell’impatto piede-suolo. Tali vibrazioni negative, se trascurate, provocano alla lunga dei microtraumi che si trasformano in dolorose e fastidiose infiammazioni articolari o, nei casi più estremi, in fratture da stress.

    Grazie alle sue straordinarie proprietà, il materiale NOENE® offre una protezione costante al nostro apparato locomotore bloccando tali shock ancor prima che passino il livello delle articolazioni. In questo modo, in qualunque momento della giornata saremo protetti (tempo libero, lavoro, sport).

    Solette shock absorbing NOENE®: per il benessere del vostro nervo sciatico!