Che si tratti di un grande evento o di una competizione locale, la crisi climatica sta imponendo agli organizzatori di manifestazioni sportive l’onere di diventare sempre più sostenibili. Sono tanti gli esempi degli ultimi anni che segnano un’evoluzione in questo campo: un processo che ha già portato tanti ricercatori e addetti ai lavori a definire Parigi 2024 come la prima Eco-Olimpiade.
L’esempio giapponese
Sono state ben 58 le partite cancellate tra il 2018 e il 2022 nella J. League, il massimo campionato di calcio giapponese. Quattro volte di più rispetto ai quattro anni precedenti. I motivi non sono stati tumulti o attentati terroristici, ma tifoni, alluvioni e tempeste, cioè influenze dirette della crisi climatica che sta colpendo duramente il Paese asiatico.
Questo ha aperto gli occhi agli organizzatori: la J. League ha recentemente aumentato significativamente il numero di progetti legati all’ambiente, da 133 nel 2016 a 873 nel 2022. Le misure includono iniziative per riciclare, ridurre i rifiuti o risparmiare emissioni di CO₂. In alcuni casi, includono soluzioni abbastanza creative. Ad esempio, i tifosi dell’FC Osaka hanno potuto scambiare contenitori di olio da cucina usato con biglietti gratuiti per una partita. Lo sponsor del club Ueda Yushi ha quindi utilizzato l’olio per realizzare prodotti a base di sapone. “In questo modo possiamo coinvolgere le persone e lo sport diventa un modello per la società”, ha detto al Japan Times Seita Kotani, responsabile del marketing dell’FC Osaka.
La maratona di Boston: meno rifiuti e più riciclaggio
Come per le maratone, tutto nella protezione del clima inizia con il primo passo. Gli organizzatori di uno degli eventi podistici più antichi del mondo, la maratona di Boston, seguono questo motto: sul percorso sono disponibili bicchieri compostabili e le stazioni dell’acqua rendono superflue le bottiglie di plastica.
Ciò ha ridotto la quantità di rifiuti residui di quasi 40 tonnellate dal 2018. Nel frattempo, l’80% dei rifiuti generati viene riciclato o compostato. Ultimo ma non meno importante, i partecipanti e il pubblico sono incoraggiati a utilizzare i mezzi pubblici o il car pooling.
Parigi 2024: sarà la prima Eco-Olimpiade?
Quando le persone pensano a un cambiamento nei trasporti, spesso pensano a Parigi. I Giochi Olimpici del 2024 sono una motivazione importante per la trasformazione della città francese: sono in costruzione infatti numerose nuove piste ciclabili e parcheggi, non solo negli impianti sportivi. Gli spettatori potranno utilizzare gratuitamente i mezzi pubblici e gli atleti saranno trasportati in una flotta di veicoli ecologici. La sostenibilità è stata un aspetto chiave nella decisione di assegnare i Giochi a Parigi. Il più grande vantaggio risiede però nel fatto che il 95% delle competizioni si svolgerà in sedi esistenti o temporanee e la costruzione di poche nuove infrastrutture è sinonimo di meno inquinamento da CO₂.
Parigi ha sicuramente guardato con attenzione l’evento multisport dei Campionati Europei del 2022, che ha attirato 1,47 milioni di visitatori a Monaco. “La maggior parte delle competizioni sportive si è svolta in impianti sportivi esistenti. Solo dove era inevitabile sono state costruite strutture temporanee”, ha affermato Marion Schöne, amministratore delegato dell’Olympiapark München.
Inoltre, sono stati riutilizzati 5.000 chilogrammi di striscioni e materiali per bandiere e sono state risparmiate più di 500.000 bottiglie in PET installando erogatori d’acqua. Questo impegno è stato recentemente riconosciuto con un premio alla SPOBIS Conference 2023. “Siamo certi che ospitando i Campionati Europei di Monaco 2022 abbiamo dato un contributo a un futuro più sostenibile per i grandi eventi sportivi“, ha aggiunto Schöne.
Ristorazione e merchandising, traffico e rumore, natura, acqua, rifiuti, gestione della sostenibilità, protezione del clima, dialogo e partecipazione: la Confederazione tedesca degli sport olimpici (DOSB) si concentra su questi aspetti quando si tratta di sostenibilità dell’evento. “Questi argomenti coprono tutto ciò che possiamo affrontare nel contesto dello sviluppo sostenibile delle manifestazioni sportive”, ha affermato il prof Dr. Peter Kuhn del Bayreuth Center for Sport Science.
Il portale informativo DOSB per aiutare gli organizzatori di eventi
Una panoramica delle migliori pratiche e delle possibili misure nella gestione della sostenibilità è fornita dal portale DOSB “Green Champions 2.0”. Sulla piattaforma del DOSB dell’Università tedesca dello sport di Colonia e dell’Öko-Institut, gli organizzatori di grandi o piccoli eventi possono inserire varie caratteristiche come periodo di tempo, spazio di attività, posizione, dimensione o livello, ed è già disponibile un elenco di misure concrete disponibile. Per quanto riguarda la ristorazione e il merchandising, il DOSB raccomanda, ad esempio, di “controllare l’uso di cibi e bevande di produzione biologica o di eliminare o ridurre al minimo volantini, omaggi e articoli simili”.
Il portale sarà ulteriormente sviluppato entro la fine del 2024, ha dichiarato Bianca Quardokus, responsabile per gli impianti sportivi, l’ambiente e la sostenibilità del DOSB: “Il sito web ha lo scopo di aiutare ad ancorare il tema della sostenibilità anche nelle competizioni più piccole o nei festival di club. Le informazioni e le raccomandazioni per l’azione hanno lo scopo di aiutare il tema della sostenibilità a raggiungere la più ampia comunità sportiva”.
Cosa si deve fare quando si prende un’insolazione?
recarsi subito in un luogo fresco ed arieggiato. assumere posizione antishock (sdraiati supini, con le gambe leggermente sollevate per favorire il ritorno venoso al cuore) idratarsi abbondantemente con acqua naturale
Svezia
Kungsleden
Il Kungsleden, Sentiero del Re in italiano, con i suoi 440 chilometri è il più famoso
dei lunghi trekking scandinavi. Connette i due estremi della Lapponia svedese, dal
villaggio Abisko nel nord, a quello di Hemavan a sud. Il percorso è diviso in cinque
sezioni, ognuna tra i 70 e i 100 chilometri, facilmente completabili in tre/sette giorni.
Ogni sezione inizia e finisce presso un centro abitato raggiungibile tramite mezzi
pubblici. Questo percorso a lunga percorrenza è ideale per qualunque escursionista mediamente esperto, che voglia godersi i paesaggi, la natura incontaminata,
i parchi nazionali, i laghi e la fauna selvatica. Il sentiero è sicuro grazie a numerosi
hut e alla segnaletica.
Italia (Sardegna)
Selvaggio Blu
Questo trekking è considerato il più difficile
percorso italiano per lunghezza, isolamento e difficoltà tecniche. Si tratta di cinque
giorni di cammino tra arrampicate e calate
in corda doppia lungo la costa sarda. È una
traversata senza punti di appoggio, dove è
necessaria la completa autonomia alimentare e idrica del gruppo. Non ci sono dislivelli eccessivi, ma l’asperità del terreno e le
difficoltà dell’orientamento rendono il trekking impegnativo. È un cammino originale,
sospeso tra il Mar Mediterraneo e le alte
pareti rocciose, e offre paesaggi e situazioni introvabili altrove.
SPECIALE TREKKING
I CAMMINI D’EUROPA
Francia (Corsica)
GR20
La Grande Randonnée 20 si presenta
come un’esperienza selvaggia, che si
snoda su un sentiero di ghiaia, pietrisco
e rocce, immersa tra il Mar Mediterraneo
e il Mar Tirreno. Si tratta di un cammino
di oltre due settimane che prevede un dislivello positivo medio di circa 900 metri,
tramite sentieri selvaggi, senza ferrate
o supporti artificiali. Il percorso taglia la
Corsica da nord-ovest a sud-est seguendo la principale catena montuosa dell’isola, per un totale di 180 chilometri. Una
particolarità di questo percorso è il mix
tra sentieri e scrambling.
“Oggi vi presenteremo le nostre strategie, i nuovi
prodotti, le campagne marketing, ma la cosa più
importante è che, dopo anni di meeting digitali, finalmente ci incontriamo di nuovo tutti insieme fisicamente”. Ha
esordito così Alberto Alessandroni – country manager di Saucony Italia per la parte performance – in occasione del primo
sales meeting su suolo italiano del brand americano che si è
tenuto lo scorso 28 maggio. Presenti in sala presso lo Hyatt Centric Milan Centrale di Milano 25 retailer specializzati running.
PERCHÉ MILANO – Il Gruppo Wolverine si sta allargando. Saucony manterrà la sede logistica a Montebelluna, in provincia di
Treviso, in Veneto, ma la parte commerciale, marketing e prodotto a luglio si trasferirà nel capoluogo lombardo. E lo farà insieme agli amici di Originals e ai colleghi di Merrell.
125 anni DI STORIA E INNOVAZIONE TECNOLOGICA – Nel
2023 Saucony compie 125 anni. Nasceva nel 1898 in un sobborgo
di Boston, in Massachusetts, negli Stati Uniti e, grazie una missione segreta della NASA, le sue scarpe sono addirittura approdate sullo spazio. Nel 1983 il neozelandese Rod Dixon, con una
Saucony ai piedi, ha poi vinto la maratona di New York. Oggi la
Nixon Trainer è stata rilanciata dagli amici di Original che hanno dato nuova linfa a prodotti degli Anni ’80, aiutando il marchio a far crescere la propria brand awareness (oggi in Italia è
del 45%, ossia circa una persona su due conosce Saucony). Per
quanto riguarda invece le innovazioni più recenti e quindi più
familiari, abbiamo la Kinvara, fino ad arrivare nel 2020 all’inserimento in collezione della famiglia Endorphin Pro e Speed e nel
2023 dell’Elite, una scarpa con piastra in carbonio pensata per
andare veloce, già sold out su tutto il mercato italiano.
RUN SPECIALTY COMMITMENT – La parola inglese/americana
“commitment” significa “impegno”. “Dopo il Covid – ha spiegato
Alberto Alessandroni – c’è stata una forte ripresa con una crescita importante del mondo
del running. Ora, però, il boom ce l’abbiamo
alle spalle e ne siamo tutti ben consapevoli. In
quest’ottica, dobbiamo pensare al 2023 come
a un anno per ‘aggiustare le cose’, perché c’è
obiettivamente troppa merce sul mercato e noi
aziende, insieme a voi specialisti, dobbiamo
cercare di risolvere questo problema il prima
possibile”.
Trend positivi, comunque, ci sono: le competizioni stanno tornando a crescere e coloro che
hanno iniziato a correre durante la pandemia
sono quelli che ora magari si iscrivono alla Deejay Ten e faranno presto una mezza maratona. Gran parte delle persone che tre anni fa ha
comprato una scarpa da running per camminare, oggi è podista.
“Vogliamo celebrare i rapporti di lunga data”
Quelli con i rivenditori specializzati, partner di Saucony, dedicando loro una campagna marketing.
Ne ha parlato alla platea Veronica Calzamatta, marketing manager Italia per la parte performance
I
n occasione del sales meeting, Alberto Alessandroni ha parlato
di impegno che, lato marketing, Saucony aveva già preso dando
il via, qualche settimana prima, al suo primo Take Courage Tour
sulla penisola. Un evento itinerante che ha visto l’azienda occupata
per un mese in tutta Italia per rincontrare il
consumatore finale e capire meglio le sue
necessità e preferenze. Quasi 800 i runner
che hanno corso con Saucony testando le
scarpe, dodici invece i negozi specializzati coinvolti nell’attività sul campo. Si tratta
di una prima attivazione, lato retail, utile a
comprendere le esigenze specifiche dei riveditori specializzati, ma anche per capire
quali sono i punti di forza del brand e gli
aspetti invece da migliorare. La roadmap
prevede appuntamenti in calendario anche in fall ’23 e per tutta la durata del 2024.
Col proprio van brandizzato, Saucony andrà presso gli store per far
provare i propri modelli di scarpe da running, ma anche per condividere informazioni, idee e pensare a potenziali eventi da organizzare in collaborazione. L’evoluzione di questo progetto si chiama
Saucony Run Club e si tratta di un club non esclusivo, ma che vuole
inglobare quanti più runner possibile, abbracciando e supportando, laddove c’è già, la community locale, oppure sostenendo il rivenditore specializzato a crearne una da zero.
“Il nostro obiettivo non è parlare solo ai runner élite, ma coinvolgere
tutti gli ‘everyday active consumer’, ossia gli appassionati di sport
in generale”, ha dichiarato Veronica Calzamatta, marketing manager Italia per la parte performance, che ha illustrato nel dettaglio la
strategia per l’anno prossimo.
IL PROGRAMMA DI FORMAZIONE
Attraverso i propri Tech Rep, Saucony
attiverà un programma di formazione in
tutta Italia. Obiettivo: incontrare i negozi
specializzati per fornire loro un pacchetto dedicato di materiali e tutte le informazioni utili e necessarie per vendere al meglio i prodotti al consumatore finale.
RUN FOR GOOD
Responsabilità: si tratta di un concetto
che l’azienda sta portando avanti stagione dopo stagione. “Anche il marketing vuole lasciare il segno e lo
fa mettendoci un tocco grafico”, ha spiegato Veronica Calzamatta. “Il simbolo che si troverà su tutti i prodotti che hanno caratteristiche ecosostenibili include diverse immagini e valori: ci sono
la foglia, il runner e i tre puntini che simbolizzano la storicità del
nostro brand e, naturalmente, c’è anche il logo di Saucony”. Tutto sotto il cappello di “Run for good” che significa “correre per
il benessere”: personale ma anche, per chi sposa la causa, del nostro Pianeta.
Per la prima volta Saucony sponsorizza l’edizione del Dolomiti Extreme Trail.
La gara, a cui si lega per due anni, è un’occasione per festeggiare i 125 anni del brand e per aumentare
la sua awareness anche nell’off-road. Ce lo racconta Veronica Calzamatta, marketing manager
_ di cristina turini
Tra gli eventi organizzati quest’anno per celebrare i 125 anni
dell’azienda statunitense, spicca sicuramente la partnership
con il Dolomiti Extreme Trail, in val di Zoldo (BL) il 9-10-11 giugno 2023. Tra le manifestazioni di punta del panorama off-road,
questa decima edizione è anche una delle tre gare in Europa a far
parte del Saucony Project Peak, un circuito di sei gare distribuite in
tutto il mondo, in cui i vincitori assoluti della massima distanza potranno gareggiare il prossimo dicembre al Saucony El Cruce, una sfida sulle Ande
tra Cile e Argentina. Un progetto importante, come
ulteriore passo avanti per affermarsi nella disciplina mettendo le basi per creare il team ambassador
dedicato, che possa diffondere anche tra i sentieri
di montagna i valori che contraddistinguono il marchio. Intervista a Veronica Calzamatta.
Quanto è importante per voi essere title sponsor
della DXT per affermarvi come brand nel segmento del trail running? Perché avete scelto questa
manifestazione?
Il trail running è una disciplina che abbiamo sempre sostenuto e che negli ultimi anni sta riscuotendo sempre più successo. La possibilità di riconnettersi con la natura, goderne sia da un punto di vista fisico che mentale, migliorando
la propria forma fisica e mettendosi alla prova con percorsi sempre
più difficili, è una pratica molto ricercata, soprattutto di questi tempi. DXT rappresenta in pieno questi valori e per questo siamo molto
felici di poter accostare il nostro nome a un evento così importante
nel panorama nazionale delle gare in montagna. Si tratta di una
manifestazione ben organizzata, giunta in questo 2023 alla decima
edizione, che si svolge nella splendida cornice delle Dolomiti e che
grazie alle diverse distanze previste (sono ben sei), si rivolge ad un
pubblico ampio e vario accomunato da un’unica grande passione:
la corsa all’aperto su sentieri off-road.
Quest’anno Saucony compie 125 anni. Sarà il DXT un’occasione per festeggiare? Prevedete attività speciali durante i giorni dell’evento?
Esatto, sono 125 anni che la passione per la corsa e i benefici che ne
derivano sono pilastri fondamentali per Saucony. DXT sarà un’ulteriore occasione nel corso dell’anno per festeggiare questo importante traguardo e far conoscere a tutta la running community le
nostre calzature di punta. Durante i tre giorni dell’evento avremo
a disposizione un try on dedicato con focus sui principali modelli
trail e daremo modo a tutti i partecipanti di interagire con il nostro
team tecnico.
DXT è una delle tre gare europee entrata a fa parte del Saucony
Project Peak. In cosa consiste questo progetto?
Project Peak è un progetto mondiale che Saucony attiva per la prima volta quest’anno. Si tratta di un circuito di sei gare distribuite
in tutto il mondo, di cui solo tre in Europa, in cui i vincitori assoluti
della massima distanza (103 km per DXT) avranno a disposizione un
pacchetto completo per gareggiare il prossimo dicembre al Saucony
El Cruce, una sfida sulle Ande tra Cile e Argentina, una full immersion nella natura sudamericana, tre giornate a stretto contatto con
la montagna per riuscire a percorrere 100 km. Project Peak debutterà
proprio in Italia con DXT i prossimi 09/10/11 giugno 2023.
Nel villaggio gara coinvolgerete anche un negozio
specializzato per la prova prodotti o procederete in
autonomia con i vostri tech rep?
Durante i tre giorni di manifestazione ci saranno
i nostri tech rep italiani e tedeschi a disposizione
per far testare a tutti i runner che lo desiderano le
novità prodotto per quanto riguarda il segmento
trail: ci saranno in prova le nuove Peregrine 13, le
Xodus Ultra 2 e le Endorphin Edge, dotate di piastra
in carbonio appositamente studiata per i percorsi
in montagna. Avremo anche qualche modello road
(come la nuovissima Endorphin Elite) per chi volesse conoscere anche altre proposte della nostra
gamma di scarpe running.
Avete un team ambassador/atleti dedicato al trail running o avete intenzione di costituirlo?
Attualmente l’unico team atleti di Saucony è basato negli Stati Uniti.
Tuttavia, anche a livello europeo stiamo ponendo delle basi solide
per costruire un gruppo ambassador forte e duraturo. Eventi come
DXT ci permettono di entrare a contatto con il target giusto per raggiungere questo obiettivo e ci danno la possibilità di far conoscere
il brand e i valori che ci contraddistinguono e che inevitabilmente
vorremmo che i nostri ambassador rappresentassero.
Alcuni competitor sono entrati recentemente in questo mercato con
l’abbigliamento oltre alle scarpe. State pensando di fare altrettanto?
Sì, il nostro team prodotto negli Stati Uniti sta lavorando per confezionare una collezione di abbigliamento Saucony che sia performante, in linea con la domanda del consumatore e che si ispiri ai
nostri iconici modelli di calzature (collezione apparel Peregrine,
per citarne una).
Con le frontali sulla testa e carichi di entusiasmo, anche quest’anno sono stati tantissimi (5mila) i runner
che hanno corso la settima edizione di Venice Night Trail. La gara si inserisce strategicamente nel piano
di comunicazione e marketing dell’azienda. Intervista a Paola Gazzola, responsabile PR e digital communication
_di tatiana bertera
Dopo cinque edizioni in qualità di title sponsor, CMP è più che
soddisfatta dei risultati ottenuti e si dice pronta a dare il suo
sostegno al trail notturno di 16 chilometri e 51 ponti (organizzato da Venicemarathon) anche nel 2024. L’evento ha fatto registrare
l’ennesimo, grandissimo successo di partecipanti, con 5.000
atleti al via, fra cui moltissimi stranieri.
Il plauso di Running Magazine, presente al via e lungo
il tracciato di gara, va certamente all’atleta di casa
Nicolò Petrin, che ha firmato il miglior crono di
sempre chiudendo i 16 chilometri e 51 ponti in
59’22”, e a Silvia Sangalli, che ha stoppato il crono a 1h11’28”. Ma anche ai tantissimi volontari
(circa 250) che hanno contribuito alla buona riuscita dell’evento. I vincitori sono stati premiati da
Paola Gazzola e Nicolò Rossignoli di CMP, che
“corre” insieme al trail veneziano da ben cinque anni, con i rappresentanti di Venicemarathon
Piero Rosa Salva, Stefano Fornasier e Lorenzo Cortesi.
Al termine abbiamo intervistato proprio Paola Gazzola,
responsabile PR e digital communication.
È nei progetti di CMP sostenere la Venice Night Trail anche nel 2024?
Sì certamente, per noi la continuità è un fattore importante quando
prendiamo la decisione di esporci e di sostenere un evento. Questo
permette a entrambe le parti coinvolte di costruire un progetto di
maggiore struttura e contenuto. Inoltre questa continuità ha già
dato esiti positivi e risultati importanti nelle edizioni passate, quindi siamo molto soddisfatti e orgogliosi di continuare a ricoprire
questo ruolo.
Come mai la scelta strategica di rivolgere la vostra attenzione a
questa gara?
Venice Night Trail è un evento unico nel suo genere, non convenzionale in quanto è un trail urbano e inclusivo perché si rivolge sia a
runner esperti, sia a chi vuole vivere l’esperienza di una corsa in una
delle città più magiche d’Italia. Per un’azienda veneta come appunto
CMP è molto importante sostenere il territorio. Vestire i volontari è
sempre un onore e un piacere in quanto sappiamo bene quanto siano fondamentali nella realizzazione di grandi eventi come questo.
Inoltre abbiamo l’occasione di mettere le nostre competenze tecniche al servizio dei runner realizzando la t-shirt di gara per tutti i
partecipanti.
Qual è l’identikit del trail runner che veste CMP?
È un runner che corre per passione, che vive il piacere della corsa
come immersione nella natura e nel paesaggio che questa disciplina
lo porta a scoprire. CMP è un brand più competente che competitivo,
nel senso che per noi il trail non è solo pura competizione, ma anche e soprattutto l’occasione per vivere un’esperienza da ricordare.
Chi corre con CMP lo fa per provare nuove emozioni, per crescere
nello sport e ottenere le sue personali vittorie.
Quale è, più in generale, la strategia di CMP per quanto riguarda le
sponsorizzazioni? Qual è la vision?
Siamo da anni al fianco di numerose iniziative che scegliamo e valutiamo di volta in volta tenendo in considerazioni più fattori. Questo approccio ci permette
di sostenere eventi o realtà che hanno in comune
tra loro valori come la passione per lo sport, la
condivisione, l’inclusione, lo sport senza barriere, la vicinanza al territorio. E che hanno riscontri sociali: come per esempio la Smile Run di Padova, la 177k o gli atleti di Brainpower. Oltre a
questo, vestiamo i maestri di Sci dell’Alta Badia,
le Guide Alpine di Madonna di Campiglio, siamo
sponsor della FIS Ski Cross World Cup e della Coppa del Mondo di Sci di Fondo, e di eventi per i più piccoli come Week 4 Kids. Per noi il migliore strumento di
comunicazione è far parlare i nostri prodotti durante
queste occasioni grazie a chi vi partecipa.
Avete altre strategie per aumentare la visibilità del brand?
Oltre ai classici strumenti e canali di comunicazione, digitali e non,
collaboriamo con i nostri partner, che diventano un vero asset di
comunicazione per noi, come noi per loro. Cerchiamo inoltre di valorizzare e potenziare il numero dei nostri ambassador, con l’obiettivo
di coinvolgerli sempre di più nelle varie attività ed esperienze. Tutto
ciò al fine di rendere CMP un love brand: a Venezia, infatti, abbiamo voluto includere alla nostra già affezionata community
Trail running VS Trekking: sono uguali?
Le differenze tra i due tipi di scarpa sono diverse perché diversi sono gli obiettivi delle due attività:
- Il Trail Running prevede movimenti agili, veloci e scattanti in terreni difficili (anche se non tutti i terreni di montagna sono uguali!) ed è quindi necessaria una scarpa leggera, che non appesantisca il corpo durante la corsa, ma anche protettiva, per evitare urti e danni provocati da rocce, cespugli o altri pericoli.
- Il Trekking prevede movimenti più lenti, come la camminata lungo sentieri a volte già segnalati e praticabili. In questo caso è più facile prevedere il rischio perchè si avanza lentamente. Le scarpe, in questo caso, devono proteggere il piede e accompagnarlo in modo confortevole durante il tragitto, che si sviluppa per sentieri lunghi e di differente difficoltà.
Indossare una scarpa da trekking per praticare trail running potrebbe aumentare e anticipare il senso di stanchezza o causare dolore del piede, perché si tratta di una calzatura meno flessibile e adattabile ai movimenti del piede e degli arti.
Per quanto riguarda i materiali, quando si necessita di una scarpa impermeabile, per entrambe le attività consigliamo il Gore-tex, il tessuto sintetico e impermeabile che permette al piede di traspirare, senza bagnarsi e senza appesantirsi.
Non meno importante è il materiale della suola che deve proteggere la pianta del piede, ma soprattutto garantire la giusta aderenza al terreno che troviamo nella nostra attività outdoor. Il più conosciuto e in continua evoluzione è la gomma sviluppata da Vibram, Salomon applica alle sue calzature il materiale di ContaGrip e una novità affacciatasi un questo mondo è la suola ideata e prodotta da Michelin.
Insomma, la ricerca e le novità non si fermano certo qui! Continueremo a studiare e analizzare per voi quello che nel panorama dell’outdoor si presenterà!
Se prevedi di iniziare la tua escursione con una camminata e poi terminarla con una corsa per i sentieri, allora puoi indossare le scarpe da trekking e portare con te, in uno zaino delle giuste dimensioni, un paio di scarpe trail running di riserva che indosserai al momento opportuno, magari scegliendo il modello più leggero e veloce che hai nel tuo armadio!
La membrana GORE-TEX fa parte della famiglia di prodotti Gore ed è progettata per fornire prestazioni superiori in un’ampia gamma di applicazioni. I prodotti GORE-TEX si basano su una triplice difesa per proteggere dalle condizioni atmosferiche garantendo il comfort in situazioni di clima estremo: impermeabilità, resistenza al vento e traspirabilità.
La membrana GORE-TEX è uno strato estremamente sottile di politetrafluoroetilene espanso (ePTFE) composto da oltre 1,4 miliardi di pori per centimetro quadrato, unito a un tessuto esterno e, in molti casi, a una fodera. Pur essendo resistente all’acqua e al vento, è traspirante. Pertanto l’acqua dall’esterno e il vento freddo non riescono a penetrare, ma il sudore può fuoriuscire.
QUALI SONO I VANTAGGI DEI PRODOTTI GORE-TEX?
Le tecnologie dei prodotti GORE-TEX danno diversi vantaggi all’abbigliamento e alle calzature:
Impermeabilizzazione durevole: i pori della membrana GORE-TEX sono 20.000 volte più piccoli di una goccia d’acqua, per questo è completamente impermeabile. Chi la indossa è quindi protetto dalle intemperie.
Traspirabilità: i pori GORE-TEX sono anche 700 volte più grandi di una molecola di vapore acqueo, quindi il sudore può fuoriuscire facilmente dall’indumento, soprattutto durante uno sforzo fisico intenso.
Resistenza al vento: grazie alla sua struttura, la membrana GORE-TEX protegge anche dal vento e limita quindi il raffreddamento (quando il vento freddo soffia attraverso l’indumento, privando il corpo del calore creato dalla pelle).
L’Olympiacos ha ufficialmente chiuso la regular season di Eurolega al primo posto. In panchina siede Georgios Bartzokas, un allenatore eccezionale, che ha una storia incredibile che in pochi conoscono: è figlio dell’uomo la cui fuga dal carcere ispirò il famoso film con Steve McQueen, “The Great Escape” (La Grande Fuga). Per Georgios, allenare la squadra del Pireo è sempre stata una ragione di vita: il porto di Atene era l’unica cosa che suo padre riusciva a scorgere tra le grate della sua cella.
Quando Bartzokas nasce, l’11 giugno 1965, suo padre non è nella sala parto a tenere la mano alla moglie che sta dando alla luce il suo primogenito. Non per sua volontà, o meglio, per non tradire mai le sua volontà: è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza a Corfù. Il suo crimine è quello di essere sè stesso.
La Grecia degli anni 60 è un campo di guerra (fredda), gli Stati Uniti foraggiano l’impetuoso boom economico ellenico con il Piano Marshall ma l’Unione Sovietica, a sua volta, soffia forte sull’insurrezionalismo dei partiti di estrema sinistra. Un bel casino insomma, ma che c’entra tutto questo con la famiglia Bartzokas? Il KKE, il partito comunista greco, ha tra i suoi leader più “oltranzisti” un certo Andreas Bartzokas.
Se Georgios ha ereditato da papà due tratti caratteriali, sono il senso di appartenenza ed il coraggio nel portare avanti le proprie idee. Idee per le quali papà Andrea ha messo in gioco la propria vita e pure la possibilità di conoscere suo figlio, con il quale si è potuto ricongiungere solo nel 1975 (quando Georgios aveva 10 anni…), alla caduta della dittatura di estrema destra “dei Colonnelli”.
Coraggio, dicevamo. Coraggio, sportivamente parlando, è quello di dire basta quando, ancora 27enne, Bartzokas junior, ala non più promettente del Maroussi, decide di svestire i panni del giocatore e di indossare quelli dell’allenatore. E decide di farlo partendo proprio dalla squadra del sobborgo di Atene nel quale è nato e dove ha scoperto la palla a spicchi: Maroussi, appunto.
Dal paesotto a nord di Atene non si vede il mare. Siamo una decina di chilometri oltre il colle del Partenone, nella sconfinata periferia ateniese. Ma Georgios ha lo sguardo volto verso sud, verso il mare d’Attica, verso le navi che spruzzano schiuma bianca sulle banchine del Pireo. Quelle che suo padre sognava di poter raggiungere un giorno, guardando per anni al di là delle grate della sua cella del carcere di Vourla: sognando la libertà, per lui e per il suo Paese.
Nel 1955 la guerra è finita da poco, e per i fragili governi filoamericani, gli estremisti di sinistra stanno meglio nelle patrie galere. Il KKE, da parte sua, non appoggia propositi di fuga dei propri adepti, ma il soffio di libertà che viene dal mare è troppo forte, Andreas inala a pieni polmoni e partorisce la pazza idea: evadere. Evadere dal carcere di Vourla, ribattezzato in quegli anni l’Alcatraz d’Europa.
Mesi e mesi a scavare un lungo tunnel sotterraneo e il 17 giugno il piano si compie: in 27 scappano da Vourla, anche se solo in 11 riescono a completare l’impresa, mentre gli altri vengono riacciuffati dalla polizia, mobilitata con ben 23 mila uomini.
Quanto valgono le proprie idee, la propria identità, la propria libertà? Lo spiega Andreas in pochissime parole: “La prima cosa che abbiamo fatto una volta fuori da Vourla è stata andare in un bar del Pireo e farci una birra ghiacciata tutti insieme”.
Una storia incredibile, che ha fatto la storia di un Paese, e che è stata in parte di ispirazione per gli sceneggiatori del famoso film “The Great Escape” con Steve McQueen.
Quando Georgios arriva al porto di Atene per la prima volta nel 2012, non lo fa certo in manette, ma anzi con tutti gli onori del caso: da allenatore della squadra di basket che adora e che è fresca campionessa d’Europa. È il compimento di un sogno, la chiusura di un cerchio aperto da papà 57 anni prima.
Georgios Bartzokas ha allenato l’Olympiacos dal 2012 al 2014, vincendo un’Eurolega, per poi tornarci nel 2020, centrando la semifinale l’anno scorso e il primo posto in regular season quest’anno, giocando una pallacanestro meravigliosa.
Durante la sua carriera ha parlato spesso di suo padre, di quanto ne sia orgoglioso e di quanto, al tempo stesso, abbia sofferto non potendolo vedere per buona parte della sua vita. Per lui sedere su quella panchina è un concetto che travalica i confini dello sport. E’ una ragione di famiglia, di vita, di libertà.
La libertà di essere ciò per cui si è al mondo è un atto semplice come bere una birra ghiacciata in un bar del Pireo. O sulla panchina della tua squadra del cuore.
La storia del Cammino di Santiago è molto curiosa…
Il Cammino include una serie di percorsi che si sviluppano principalmente in Spagna e Portogallo e hanno come meta finale la città di Santiago di Compostella, dove si venerano le reliquie dell’apostolo Giacomo il Maggiore.
Giacomo il Maggiore fu uno dei dodici apostoli; nacque probabilmente in Galilea, a Betsaida e morì per mano di Erode Agrippa I a Gerusalemme in un’età compresa tra i 41 e 44 anni.
In alcuni vangeli apocrifi (tra questi la Dormizione di Maria,..), si narra che Maria stessa abbia chiesto a Dio, di essere circondata dagli apostoli nel momento della sua morte. Dio concede che il suo desiderio sia realizzato e le permette di apparire agli apostoli sparsi per il mondo; a Giacomo Maria apparve sopra una colonna a Saragozza (attualmente venerata nella Basilica di Nostra Signora del Pilar) e lo portò a percorrere tutto il viaggio di ritorno fino a Gerusalemme per incontrarla.
Lì trovò la morte come martire.
Nella Bibbia si narra che Giacomo era figlio di Zebedeo e aveva un fratello chiamato Giovanni (costui anche sarebbe stato uno dei 12 apostoli). Secondo la tradizione medievale, dopo la Pentecoste (33 d.C.), quando gli apostoli furono inviati a predicare il Vangelo per il mondo, Santiago attraversò il mar Mediterraneo e sbarcò nella Penisola Iberica.
In passato si affermò che i resti trovati a Santiago, agli inizi del nono secolo, appartenevano all’apostolo Santigo, però per mancanza di un’analisi diretta di questi resti potrebbero essere del vescovo Priscillano o qualche altro personaggio importante dell’epoca romana.
La leggenda vuole che i suoi discepoli abbiano riportato il corpo attraverso il mar Mediterraneo e costeggiando la parte atlantica, fino in Galizia, lo seppellirono nell’Iria Flavia (città della Coruña, in Galizia), dove il vescovo Teodomiro lo trovò nel IX secolo.
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Origine della città di Santiago di Compostela
La traduzione di “Giacomo il Maggiore” deriva dal nome spagnolo di Santiago el Mayor; ecco spiegato da dove si origina la parola Santiago, ma Compostela? Ecco le ipotesi…
Nell’anno 813 d.C. circa, un eremita cristiano, chiamato Paio (Pelayo), disse al vescovo che aveva visto delle luci sopra un monte disabitato. Andarono a vedere e trovarono una tomba, probabilmente di origine romana, con dentro un corpo decapitato con la testa sotto il braccio.
Il re Alfonso II il Casto (789 – 842 d.C.) ordinò di costruire una chiesa sopra il cimitero (compositum), che poi sarebbe diventata l’attuale Cattedrale di Santiago di Compostela (da qui il nome San Giacomo del compositum).
La seconda ipotesi è che derivi da Campos Tellum (terreno di sepoltura).
Altri invece sostengono che la parola Compostela provenga dal latino “campus stellae”, dovuto alle luci che si vedevano sopra il cimitero (una spiegazione potrebbe essere quella del fuoco fatuo).
Dopo la costruzione del tempio iniziale, i monaci benedettini nell’893 d.C. fissarono lì la loro residenza, favorendo i primi pellegrinaggi alla tomba dell’apostolo, inizialmente dalle terre circostanti della Galizia e poi da tutta Europa.
La città di Santiago di Compostela fu distrutta nel 997 d.C. dall’esercito musulmano di Almanzor.
Dopo la sua ricostruzione il vescovo Diego Xelmírez (1070 – 1149 d.C. circa) iniziò la trasformazione della città in luogo di culto e pellegrinaggio, espandendo la costruzione della Cattedrale, iniziata nel1075, ed arricchendola con numerose reliquie.
La scoperta della tomba dell’Apostolo apportò al Re delle Asturie il beneficio di riunire tutte le sue terre in un solo regno, sotto la protezione speciale dell’Apostolo e la cristianizzazione dell’antica via che porta a Finisterre (anticamente attraversata da popoli di origine celtica).
Attualmente “Santiago il Maggiore” è patrono di Spagna e di numerose cittadine, e il 25 di luglio si celebrano feste in suo onore, specialmente nella stessa Santiago.